I glider dell’OGS dall’Adriatico all’Antartide

Nelle ultime settimane due dei glider dell’OGS sono stati impiegati in attività di ricerca condotte contemporaneamente in due mari diversi e geograficamente molto lontani: quello Adriatico meridionale e il Mar di Ross in Antartide.

Il primo glider è stato messo in acqua nel Mare di Ross in Antartide, nell’ambito del progetto PNRA Signature, che ha lo scopo di studiare i cambiamenti climatici indotti dallo scioglimento della calotta polare meridionale nel Mare di Ross. I cambiamenti registrati dalle campagne antartiche durante le 39 campagne italiane del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide - PNRA hanno riguardato la temperatura, la salinità la densità e le correnti delle acque dell'Antartide. I dati dei glider si sono aggiunti a quelli più tradizionali contribuendo a coprire area più estese e fornendo dati ad alta risoluzione in un'area di importanza critica in uno scenario di accelerazione della perdita di massa della calotta antartica con un elevato impatto potenziale sull'oceano globale.

Dopo 15 giorni di attività nelle acque polari, il glider è stato recuperato dal personale a bordo della nave rompighiaccio Laura Bassi e nei prossimi mesi rientrerà in Italia.

Nello stesso periodo, un secondo strumento, è stato impiegato nelle acque dell’Adriatico Meridionale, uno dei siti di convezione nel Mar Mediterraneo, in cui l’OGS conduce da più di 10 anni attività di ricerca e monitoraggio, i glider contribuiscono allo studio delle condizioni del mare e ai processi fisici dell'area. 

Lo strumento attualmente si trova ancora nella zona e, per le prossime due settimane, continuerà a trasmettere dati importantissimi per lo studio delle cartteristiche nelle masse d'acqua e l'entità della variazione annuale delle stesse.  

I glider sono strumenti che forniscono dati preziosi per la ricerca scientifica a una risoluzione elevata che hanno permesso di spiegare nel dettaglio i processi che regolano il mescolamento superficiale in aree dove si formano le acque dense che vanno ad ossigenare le aree più profonde del mar Mediterraneo consentendo una migliore comprensione dei processi su piccola scala che non era stato possibile studiare in precedenza.